sabato 21 dicembre 2019

Recensione del film “Storia di una ladra di libri”


Qualche anno fa, ricevendo la rivista letteraria mensile alla quale avevo sottoscritto l'abbonamento, tra i tanti libri ne vidi uno sulla cui copertina c'era una bambina seduta, che aveva un libro in mano e si trovava in una stanza piena di libri: “La bambina che salvava i libri” di Markus Zusak erano il titolo e l'autore di questo libro del 2005. Decisi di acquistarlo. Pur essendo ambientato nel triste contesto delle persecuzioni naziste contro gli ebrei e raccontando una storia di povertà, mi piacque molto perché l'amore per la lettura, i libri, la musica e gli affetti erano protagonisti e tutto il resto diventava solo uno sfondo.

Il film tratto da questo libro è del 2013 e il titolo è “Storia di una ladra di libri”. È stato trasmesso per la prima volta in tv su canale 5 ed avendo apprezzato i molti aspetti positivi del libro, ho deciso di vederlo.
 


La storia è raccontata dalla Morte che seguiva la vita di Liesel, una bambina di nove anni che nel gennaio del 1939, insieme alla mamma e al fratellino, si trovava su un treno diretto verso la città di Molching. Il fratello muore e alla fine della sepoltura la piccola Liesel ruba un libriccino “Il manuale del necroforo”. La madre dovette abbandonarla perché era comunista e lasciò la Germania per evitare le persecuzioni naziste; la bambina fu data in adozione ad Hans e Rosa Hubermann. Lui lavorava saltuariamente come imbianchino perché aveva rifiutato di iscriversi al partito Nazista invece lei guadagna qualche soldo lavando il bucato delle famiglie abbienti.

Hans sin dall'inizio instaura un bellissimo rapporto con la piccola Liesel fatto di affetto e complicità; Rosa invece era severa e per nulla gentile verso di lei anche se poi le si affeziona molto. Liesel fa amicizia con Rudy, un bambino suo vicino di casa che sin da subito nutre una grandissima simpatia verso di lei. I primi giorni di scuola furono molto duri perché non sapeva né leggere né scrivere e per questo motivo i bambini la prendevano in giro. Lei si difese facendo a pugni e questo le consentì di ottenere un po' di rispetto.

Quando Hans scoprì che la bambina non sapeva leggere né scrivere, glielo insegnò ed insieme lessero il manuale del becchino, il primo libro che la bambina aveva rubato; inoltre il suo papà adottivo le mise a disposizione la cantina, nella quale avrebbe potuto esercitarsi anche a scrivere e molto contento suonava per lei la sua adorata fisarmonica.

Una sera, in occasione del compleanno di Hitler, fu organizzato il rogo di molti libri considerati contrari al regime: anche Lisel, insieme a Rudy, dovette lanciare in mezzo alle fiamme un libro, ma quando tutti se ne andarono ne recuperò uno: era “L'uomo invisibile” di Wells. La bambina si accorse che una donna l'aveva vista, ma non sapeva chi fosse. Insieme ad Hans lesse anche quel libro e annotava tutte le parole che imparava su un abecedario che il suo papà adottivo le aveva regalato.

Nel frattempo, un ragazzo ebreo di nome Max si rifugia nella casa degli Hubermann: era il figlio di un amico di Hans, il quale gli aveva regalato la fisarmonica e gli aveva salvato la vita e lui in cambio gli aveva promesso che avrebbe dato una mano alla sua famiglia nel caso in cui avessero avuto bisogno. Viene nascosto in cantina per scampare alle persecuzioni e Liesel fa amicizia con lui.

Un giorno Rosa manda Liesel a consegnare il bucato pulito nella casa del sindaco raccomandandole di farsi dare i soldi; la moglie del sindaco era la donna che aveva visto Liesel rubare il libro dal rogo e così, intuendo quanto amasse i libri e la lettura, la condusse nella ricca biblioteca della casa che era di suo figlio il quale, come lei, amava la lettura e la invitò a recarvisi quando avesse voluto. Quando però il marito lo scoprì, Rosa perse il lavoro e questo aggravò di molto la situazione economica della famiglia. Nonostante ciò, continuò a fare delle incursioni per “prendere in prestito” qualche libro.
Molto divertente la frase di Rudy che, venendo a conoscenza del fatto che Liesel si recava nella biblioteca del sindaco, le disse: “Noi qui stiamo morendo di fame e tu pensi ai libri? Hai fatto una visita anche alla cucina?”.

Un giorno i nazisti scoprirono che un uomo era ebreo e Hans, suo amico, cercò di difenderlo; questo causò l'annotazione del suo nome. Max così dovette andarsene dalla casa degli Hubermann. In seguito Hans andò in guerra, ma per fortuna sopravvisse ad essa. Una notte la città fu bombardata e così Hans, Rosa, Rudy e la sua famiglia tranne il padre, rimangono uccisi. Liesel si salva perché si trovava in cantina e stava scrivendo su un diario regalatole da Max. Liesel piange sui corpi esanimi di Hans e Rosa; trova Rudy ancora vivo e le confessa di amarla.

Nel 1945 Liesel lavora presso la sartoria del padre di Rudy e incontra Max. Alla fine del film si vede una stanza della casa di Liesel nella quale c'erano un pianoforte (Hans le aveva trasmesso l'amore per la musica), dei libri, foto di famiglia e il libro sulla sua vita che lei aveva scritto. La sua vita era stata lunga e felice ed ebbe una famiglia numerosa. Seguendo tutta la vita di Liesel, la morte si chiedeva cosa significasse vivere e non capiva il motivo di così tanto interesse verso la vita, ma sapeva con certezza di essere stregata dagli esseri umani, i quali non possono sfuggirle.

Il film, come il libro, mi è piaciuto molto perché in esso ci sono l'amore per la lettura, i libri, la musica e il rapporto di affetto e complicità tra Liesel e il gentile e buono padre adottivo che inculcava in lei sicurezza e incoraggiava la bambina a coltivare la passione per la lettura e Max quella per la scrittura. Guardando il film, vedevo cose che avevo immaginato leggendo il libro ma devo dire che a volte la lettura dà sensazioni più profonde del guardare le immagini infatti ricordo che alla fine del libro, l'epilogo di Liesel che trovava i genitori adottivi e il piccolo amico mi fece commuovere fino alle lacrime, cosa che non mi è successa alla fine del film.

Chi ama i libri e la lettura sa che questi fanno immaginare le cose e questo permette di entrare dentro le situazioni in modo più profondo perché in esse vive anche una parte di noi, che è la sensibilità la quale ci consente di vivere appieno le cose nei loro aspetti più piccoli e profondi. In mezzo alle tristezze e ai problemi di vario tipo, l'arte permette di trovare la felicità e un senso che altrimenti non troveremmo.

Uno splendido e significativo pensiero sui libri, che sono i protagonisti di questo film, lo ha lasciato Emily Dickinson, che è considerata la più grande poetessa di tutti i tempi: “Non esiste vascello che come un libro ci sa portare in terre lontane. Né corsiero come una pagina di scalpitante poesia. É un viaggio che anche il più povero può fare senza il tormento del pedaggio. Quanto è frugale la carrozza che trasporta l'anima dell'uomo”.

I libri sono importanti perché da essi si imparano tante cose, fanno viaggiare, sviluppare la fantasia, permettono di conoscere tante vite ed esperienze, contengono il meglio di chi li ha scritti e consentono di avere qualcosa di prezioso che rimane per sempre, che arricchisce la vita e che nel momento in cui li leggi fanno dimenticare i problemi, le tristezze, tutto quello che fa soffrire e se nel mondo vivessimo di più le cose belle che sono protagoniste nei libri, sarebbe infinitamente migliore.
 


Nessun commento:

Posta un commento