lunedì 30 marzo 2020

Recensione dello spettacolo teatrale Lettere a Theo (di Vincent Van Gogh)

Andai per la prima volta a teatro grazie alla scuola, che oltre ad insegnare molte nozioni, permette di imparare a trovare il tempo per tutto all'interno della giornata: per le cose da fare per dovere e per le cose belle e svaganti come l'arte, la musica, lo sport, la lettura, i viaggi... cose che ho sempre amato moltissimo. Non avevo mai visto uno spettacolo teatrale e mi sono piaciute moltissimo le scenografie ed il fatto che gli attori recitassero nello stesso momento in cui si trovavano davanti agli spettatori ed il modo di rappresentare l'opera in maniera molto più recitata.

Purtroppo non posso andare a teatro, al cinema, ai concerti, alle mostre d'arte o viaggiare, ma ho trovato comunque il modo per poter coltivare queste grandi mie passioni culturali. Ad esempio per il teatro, grazie a Rai 5 che ogni sabato sera alle 21:15 trasmette uno spettacolo teatrale, ne ho potuti vedere molti.

Questo di cui sto scrivendo la recensione, Lettere a Theo tratto dall'omonimo libro, l'ho trovato su internet. Ad interpretare Vincent Van Gogh è l'attore Vania Castelfranchi e nello spettacolo c'è l'accompagnamento musicale di Mario D'Orazio che canta in romanesco accompagnandosi con la fisarmonica.
 


Nelle lettere di Van Gogh al fratello Theo, a cui era legato moltissimo ed il quale lo aiutava economicamente, si capisce molto della personalità di questo grandissimo artista sfortunato e povero in vita ma amatissimo e molto conosciuto dopo la morte, di cosa rappresentavano per lui l'arte, la fede, la vita e racconta delle sue gioie e dei suoi dolori.

Questo è tutto quello che si evince nello spettacolo teatrale grazie alle lettere inviate dall'artista al fratello:
scrivere era l'unica cosa che aveva per comunicare con la famiglia perché non volevano vedere i suoi quadri; non accettavano il fatto che il loro figlio non avesse terminato di studiare e che facesse l'artista. Lui non considerava la scrittura il suo linguaggio perché l'arte era il suo mondo ma io penso che invece se avesse voluto sarebbe potuto diventare un grandissimo scrittore grazie alla sua sensibilità, al suo modo di vedere il mondo e la vita ed alla cultura che aveva grazie alla grandissima passione per la lettura;

credeva in Dio e lo vedeva ovunque nella natura: aveva studiato Teologia, ma poi aveva smesso: era uno dei suoi tanti fallimenti della vita nella quale il suo unico successo fu la pittura e il sostegno morale, economico e l'affetto del fratello Theo;

sognava una mostra tutta sua, dove la gente potesse vedere i suoi quadri che sarebbero dovuti essere esposti uno in ogni stanza affinché non si “disturbassero a vicenda” e in modo che potessero essere visti e toccati: era un grande sognatore e con le idee chiarissime sull'arte e spero che abbia potuto in qualche modo vedere che tutto il mondo conosce lui e le sue opere, che la sua vita non è stata vana nonostante l'abbia vissuta in solitudine, povertà e sofferenza;
 


dipingeva dalla mattina alla sera e non sentiva la fame, la sete, la stanchezza: era felice, non soffriva ed anche quando la gente lo additava dicendo: “guardate, quello è Vincent!”, lui era contento perché era come se dicessero “guardate, quello è Vincent il pittore!”
A 27 anni, dopo i tanti fallimenti dal punto di vista umano e professionale aveva deciso di essere un pittore, quella era la sua strada, quello lo rendeva felice;

due fratelli passeggiavano sulla spiaggia: uno era più ricco (Theo) e l'altro più semplice e povero (Vincent). Il fratello più ricco diceva all'altro che doveva finire di studiare altrimenti nella vita non avrebbe potuto fare nulla. L'altro gli rispose che lui non aveva bisogno di studiare: dipingeva dalla mattina alla sera. Ma il fratello insisteva con la sua tesi così Vincent si fece scuro in volto e non parlava più; poi vide un cane arruffato che si rotolava nella sabbia e disse al fratello: “Io da grande voglio essere come quel cane arruffato che si rotola nella sabbia”. Voleva scegliere cosa fare, fare quello che amava di più ed essere felice;

lui non dipingeva come gli altri pittori con gli occhi aperti ma chiusi e questo lo aveva imparato da solo: anche per questo non aveva bisogno di studiare. Era arrivato con la sua passione, l'istinto e la pratica ad imparare cose che nessuna scuola avrebbe potuto insegnargli. Una grande motivo d'orgoglio perché le cose alle quali ci si arriva da soli sono certamente più valorose di quelle alle quali si arriva solo perché qualcuno te le ha insegnate;

si raccomandava con il fratello di inviargli tele e tubi grossi di colori perché doveva realizzare il quadro così come lo aveva pensato: non poteva rimpicciolirlo. Il suo peso e la sua misura erano quelli. Theo si lamentava del fatto che Vincent usasse troppo olio, troppi colori, cose che non permettevano di vendere i quadri perché costavano troppo;
 


entusiasta scrisse al fratello che per la prima volta aveva una modella: una ragazza incinta che aveva trovato in strada e portata a casa: la famiglia era contraria perché era una prostituta ma lui diceva che non era così perché l'aveva portata con sé e viveva con lui e si difendeva dicendo che lo aveva fatto per carità cristiana, quella che gli avevano insegnato i genitori;

in un caffè aveva incontrato una ragazza della quale si era innamorato: lui le parlava e parlava e lei gli disse: “Vincent come sei pesante” così lui uscì e si tagliò un lembo d'orecchio e glielo portò: in questo modo si era fatto piccolo, avrebbe potuto portarlo con sé e parlargli quando lo avrebbe voluto. Aveva compiuto questo gesto solo per amore, ma era stato interpretato da tutti come un gesto che dimostrava l'incipiente follia che poi lo avrebbe fatto internare in manicomio;

quando cominciarono per lui gli internamenti in manicomio la cosa che lo faceva soffrire di più era il fatto che non gli consentivano di terminare i propri dipinti, infatti il giorno seguente non li trovava più: chiedeva che gli permettessero di terminarli e poi avrebbero potuto anche buttarli. Poi non dipinse più perché i dottori pensavano che gli facesse male: non era più un pittore e non avevano capito che dipingere era l'unica cosa che lo faceva sentire bene e gli dava felicità: era la sua unica ragione di vita;

nel luglio del 1890 esce e si spara un colpo in testa. I vicini vedendolo gli chiesero cosa fosse successo e lui rispose: “Mi sono sparato un colpo in testa perché sono un peso per tutti, ma ho mancato il colpo”. Entrò a casa, si mise a letto e morì dopo due giorni. Da una lettera di Theo alla sorella si è saputo che Vincent era felice e che le ultime parole che disse furono: “Caro fratello, è stato tutto una grande sofferenza, è stato tutto così difficile, così pesante ma non vedo l'ora di tornare indietro”;

nessuno voleva fare il funerale a Vincent perché si era ucciso ma i suoi amici riuscirono a trovare un prete in un paese lontano disposto a celebrare le esequie e un carro dove fu messo il suo corpo, tutti i suoi quadri e moltissimi fiori. Al funerale parteciparono pittori, scrittori, poeti, minatori, prostitute, ubriaconi. Ogni amico di Vincent porta con sé un quadro e molti mesi dopo il fratello Theo riceve moltissime lettere nelle quali era scritto che i quadri di Vincent sono stupendi.

Alla fine dello spettacolo teatrale è citato un personaggio del teatro e grandissimo poeta: Antonin Artaud il quale ha vissuto un'esperienza molto simile a quella del pittore e su cui ha scritto il libro
“Vincent Van Gogh, il suicidato della società”. Anche lui fu internato al manicomio e in uno scritto ringrazia ironicamente i dottori per quella luce che avevano sparato nella propria mente e in quella di altri con le medicine perché adesso tutte le parole più belle che riusciva a trovare negli angoli più bui della propria psiche non riusciva più a trovarle e di conseguenza non riusciva più a scrivere.

Questo spettacolo teatrale mi è piaciuto moltissimo perché molto interessante è la vicenda umana e professionale di uno dei più grandi e famosi pittori di tutti i tempi: Vincent Van Gogh.
A volte è difficile che gli altri capiscano quanto importante sia quello che aiuta a vivere, che è il senso della propria vita, che dà felicità, che permette di esprimersi, di mettere il meglio di sé in un'attività, che lo si fa perché fa stare bene anche se magari economicamente o dal punto di vista del successo non si hanno riscontri immediati o grandi come si vorrebbero.
In modo particolare quando sembra che per sé non ci sia nessuna strada nella vita da seguire, nessun posto nel mondo, tanta solitudine e sofferenza se si trova qualcosa che fa stare bene, aiuta a vivere e ci si mette il meglio di sé non la si deve abbandonare mai: lottare contro tutto e tutti affinché faccia per sempre parte della nostra vita.

Recentemente su rai 5 ho sentito parlare di un'altra pittrice che non conoscevo: Berthe Morisot sulla quale ho fatto una ricerca su internet per conoscere meglio la sua storia e vedere le sue opere. Aveva dipinto tutta la vita adattandosi a ritrarre solo qualche paesaggio, donne, bambini e scene domestiche perché in quanto donna non poteva avere la libertà dei suoi colleghi uomini per dipingere e nel certificato di morte alla voce professione c'era scritto: nessuna. Non le è stato riconosciuto quello che aveva fatto per tutta la vita in quanto donna ma sono certa che anche lei come Vincent Van Gogh poteva esclamare: “Comunque sia, va tutto benissimo” perché se per tutta la vita fai qualcosa con passione, al meglio e ti fa stare bene, non si spreca la vita e in un modo o nell'altro ci sarà un riconoscimento anche postumo. Spero con questa parte del mio articolo di contribuire al riconoscimento come pittrice di Berthe Morisot e che diventi sempre più conosciuta.

Mi riconosco moltissimo in queste storie di artisti come anche la poetessa Emily Dickinson perché a volte la vita è vuota di cose importanti e non c'è un posto per sé in nessun luogo e scrivere rappresenta per me la cosa più bella ed importante che faccio nella mia vita ed anche se non dovessi vedere mai pubblicati i miei libri, saprò di aver fatto tutta la vita la cosa che mi piace di più e che mi aiuta a vivere: il pubblicare ciò che scrivo sul mio blog e il vedere il numero di lettori e di visualizzazioni su Twitter dei miei tweet è per me un grandissimo successo.



domenica 29 marzo 2020

Dal vangelo secondo Giovanni (11,1-45)

In quel tempo, era malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato».
All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s'è addormentato, guarirà». Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo».
Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?».
Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».
 


Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.

lunedì 23 marzo 2020

Recensione del film Conversazioni con Dio

Alcuni film fanno riflettere molto più di altri, in modo particolare quando trattano storie vere e sulle quali hanno un grande influsso il tema spirituale, il proprio rapporto con Dio, lo svolgersi della vita quotidiana per quanto concerne il lavoro e la vita affettiva.

Cercando su internet film che avessero come tema principale la religione applicata alla vita, ne ho trovato uno dal titolo “Conversazioni con Dio”: il titolo è molto eloquente ed ho trovato interessantissima la sua visione, apprendendo solo alla fine che raccontasse una storia vera e non fosse frutto della fantasia.

È un film uscito negli Stati Uniti nel 2006 e racconta la vera storia di Neale Donald Walsch, un uomo che a causa di un incidente perse il lavoro e non riuscendo a trovarne nessun altro, diventa indigente e si ritrova ad essere un homeless, un senzatetto. Su un foglio scrisse: “Voglio risposte! Che cosa ci vuole per far funzionare la vita?” rivolgendosi a Dio, come si fa spesse volte quando tutto va male e non si riesce a venirne fuori. Dio gli risponde in un lungo monologo, che è una parte del film bellissima e molto significativa per la vita di ciascuno:

“Io parlo con tutti, continuamente con la voce di ciascuno di voi. La domanda è: Chi ascolta?” E' stata gridata dalla più alta montagna, nei luoghi più infimi si è udito il suo sussurro, lungo i canali di tutte le esperienze umane è riecheggiata questa verità: la risposta è l'amore. Voi avete proiettato su di me il ruolo di Padre e avete plasmato l'idea di un Dio che giudica, premia e punisce. Voi avete creato intorno all'amore una realtà creata sulla paura e questa realtà basata sulla paura domina la vostra esperienza dell'amore: è questo che le dà l'impronta. È della paura che avete bisogno per essere, fare e avere ciò che è intrinsecamente giusto? Dovete essere minacciati per essere buoni? Che cosa significa essere buoni? Chi pronuncerà la parola definitiva su questo argomento? Vi do io la risposta: siete voi a stabilire le vostre regole, siete voi a fissare le linee guida. L'amore è tutto ciò che esiste. Lo so, lo avete letto e sentito chissà quante volte. Quando affrontate difficoltà, preoccupazioni, dubbi o paure voi preferite dimenticarlo. Ciò che dovreste fare è invece rispondere a questa semplice domanda: che cosa farebbe ora l'amore? Vivete ora la vostra vita senza aspettative, senza il bisogno di risultati specifici: questa è la libertà. Ricordatevi, voi siete costantemente nell'atto di creare voi stessi, in ogni momento voi decidete chi e che cosa siete, lo decidete attraverso le scelte che fate in relazione alle persone e alle cose per cui provate passione. La preoccupazione è l'attività di una mente che non comprende la sua relazione con me.
 

Ricordi la domanda: che cosa farebbe ora l'amore? Rispondi a questa domanda e io sarò lì, sempre e in qualsiasi modo. La sofferenza non ha niente a che fare con gli eventi ma con la reazione che ciascuno ha verso di essi. Ciò che accade è solo ciò che accade, ma come noi lo percepiamo è un'altra questione. Non puoi avere tutto ciò che vuoi. La tua richiesta è una dichiarazione che ti manca qualcosa e il dichiararlo produce quella precisa esperienza: il senso della mancanza della tua realtà. Quindi dovrei punirti perché hai fatto una scelta che io stesso ti ho messo di fronte? Questa è la domanda a cui devi rispondere prima di assegnarmi il ruolo di un Dio che condanna.

Infinite volte mi hai implorato di mostrarmi, di spiegarmi, di rivelarmi e ora lo sto facendo in modo così chiaro che tu non possa fraintendere. Io sono qui, io sono proprio qui, adesso. È il momento di ritirarti nel tuo spazio divino ora più che mai. Questo ti porterà una grande pace dello spirito e da uno spirito in pace fluiscono grandi idee, idee che potrebbero essere la soluzione ai tuoi problemi più grandi che credi di avere. Credi che per me questo sia un problema troppo grande da risolvere? Che uscire per me da questo marasma sia troppo difficile? Capisco che per te sia troppo difficile nonostante tutti gli strumenti che ti ho fornito, ma credi che sia veramente difficile anche per me?

Voi mi avete frainteso e avete frainteso anche voi stessi. Io non voglio altro se non la vostra felicità ma voi credete di essere sottoposti a me quando invece siamo tutti una cosa sola: non esiste separazione. Io voglio per voi quello che voi volete per voi: niente di più, niente di meno. Io non sono interessato al vostro successo terreno, solo voi lo siete. Non dovete preoccuparvi di come andare avanti. I veri maestri sono coloro che hanno scelto di vivere non di sopravvivere. Va avanti, fa qualsiasi cosa ami veramente, non fare altro. Hai così poco tempo. Come puoi pensare di sprecare anche un solo momento facendo qualcosa che non ti piace. Questo non è vivere, è morire”.

Neil scrive un libro che ottiene un grandissimo successo e tiene seminari e incontri nei quali racconta la propria storia e quello che ha capito da essa e dalle sue conversazioni con Dio. Durante uno di questi incontri una donna gli raccontò di avere adottato un bimbo di sei mesi e a 14 anni gli dissero che loro non erano i suoi genitori biologici. Il suo rendimento scolastico ne risentì molto e non la chiamò più mamma. Le cose cambiarono un poco quando gli promisero che a 18 anni avrebbero fatto di tutto per ritrovare la sua mamma, ma a 18 anni fu investito da una motocicletta il cui conducente era ubriaco e perciò considerava Dio non amichevole come sosteneva Neil ma vendicativo.
Dopo aver visto la madre che da piccolo gli disse che non avrebbe mai amato nessuno, rispose alla donna: “Sua madre morì alcuni anni fa e morire per Jimmy era l'unico modo per stare insieme a lei”.
Neil non sapeva se quello che aveva detto alla donna fosse vero, ma lo aveva fatto per farla stare bene, per trovare una risposta ad un dolore così grande. Anche quello è amare e lui stava imparando a farlo.

Quando la vita pone davanti a grandi problemi che la rendono invivibile, si avvertono un grandissimo vuoto, un immenso senso di impotenza ed una grande disperazione che solo Dio e le sue parole possono colmare. Non c'è nient'altro che possa far trovare una spiegazione a certe spiacevoli situazioni. Dio insegna che amare è la cosa più importante, la cosa che rende la vita migliore e piena di significato e che tutte le altre cose ad essa conseguono. Inoltre la reazione che si ha al cospetto delle situazioni è veramente più importante degli eventi e che una delle felicità e realizzazioni più grandi è quella di fare quello che si ama veramente, nelle piccole e grandi cose perché amare le persone anche con una parola di conforto o piccoli gesti e le cose che fanno parte della nostra vita perché le abbiamo scelte è quello che conta di più per la felicità, per vivere e non sopravvivere, per sentirci sereni e realizzati, per vivere e non morire anche se respiriamo.

domenica 22 marzo 2020

Dal vangelo secondo Giovanni (9,1.6-9.13-17.34-38)

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita.
Intanto condussero dai farisei quello che era stato cieco: era infatti sabato il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come avesse acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha posto del fango sopra gli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri dicevano: «Come può un peccatore compiere tali prodigi?». E c'era dissenso tra di loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu che dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
 

Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori, e incontratolo gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». Ed egli disse: «Io credo, Signore!». E gli si prostrò innanzi.

lunedì 16 marzo 2020

Coltivare un hobby è importante per il benessere psicologico

Ho sempre pensato che per vivere al meglio la vita, si dovesse suddividere bene il tempo per riuscire a fare tutto quello che è importante, ma anche per coltivare cose piacevoli come gli hobby perché una persona per essere felice e realizzata deve dedicarsi quotidianamente ad ogni aspetto della vita e c'è un tempo in cui tutti i campi della vita devono essere costruiti e poi coltivati per sempre.

Oltre ad affetti, formazione e lavoro, un aspetto sicuramente importante della personalità e della vita è rappresentato dagli hobby e molti studi dimostrano l'effetto terapeutico per il benessere psicologico che il dedicarsi ad una o più attività piacevoli da svolgere nel proprio tempo libero da studio, lavoro ed impegni vari e che molti specialisti propongono per la cura di stress ed affaticamento mentale. Si tratta soprattutto di passatempi che permettano di far evolvere il lato estroso e creativo delle persone.

La cosa importantissima è quella di scegliere hobby e passioni che regalino benessere fisico e mentale, attività che se sono piacevoli, permettono di rilasciare le endorfine nell'organismo, l'ormone del benessere che migliora la salute. Inoltre è assodato che praticare in modo piacevole qualche attività per svago, aiuta a vivere meglio la propria giornata e la vita, permettendo di essere più felici, rilassati e con voglia di fare, cose che sicuramente aiutano ad ottemperare a tutte le cose che si devono fare nella propria routine quotidiana.

La scelta delle attività da praticare e coltivare per hobby è praticamente quasi infinita: leggere, fare sport, suonare uno o più strumenti musicali, scrivere, cucire, fare giardinaggio, cantare, disegnare, l'informatica e la tecnologia, ballare, l'arte, la cucina, la cultura (cinema, teatro, concerti...), avere degli animali domestici da curare (con impegno e senza mai stancarsi di loro), viaggiare... Ciascuno deve fare la propria scelta in base all'indole e provando capisce a quale\i attività dedicarsi per ottenere da essi benessere, felicità e senso di realizzazione di una parte importante della propria personalità.
 


Sicuramente una delle cose più difficili per tutti è quella di riuscire a trovare il tempo da dedicare al proprio o ai propri hobby. Il mattino presto, dopo pranzo, dopo cena, la domenica e qualche altro giorno o parte di giornata settimanali libere dallo studio o dal lavoro sono i momenti nei quali c'è la possibilità di dedicarvisi. È un investimento di tempo molto remunerativo per il proprio benessere e tutto questo si ripercuote nella personalità, in tutto quello che facciamo e nella nostra vita.

Io ho molti hobby e per poterli coltivare tutti, destino un tempo limitato in una parte della giornata da dedicare a quell'attività e penso sia l'unico modo per riuscire a fare molte cose anche nello studio, nel lavoro e nella vita in generale, cercando di prendersi il giusto tempo per raggiungere qualsiasi meta affinché la fretta non sia fonte di stress e vanifichi gli effetti positivi che qualsiasi meta raggiunta apporta a noi ed alla nostra vita.

Una cosa che mi piace molto è quella di fare attività molto diverse tra di loro - forse per il fatto che appartengo al segno zodiacale dei Gemelli - , attività a volte opposte, come ad esempio fare sport e leggere, disegnare e suonare...
È sorprendente quante cose si riescono a fare se si divide bene il tempo della giornata e se lo si vuole veramente. Buttare via il tempo è lo spreco più grande che si possa fare nella vita ed impiegarlo anche in attività piacevoli ed edificanti come gli hobby è sicuramente un grande investimento positivo per sé e la propria vita, per il presente e per il futuro.

domenica 15 marzo 2020

Dal vangelo secondo Giovanni (4,5-42)

In quel tempo, Gesù giunse ad una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno. Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi. Ma la Samaritana gli disse: «Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.
Gesù le rispose: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli disse la donna: «Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?».
Rispose Gesù: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le disse: «Và a chiamare tuo marito e poi ritorna qui». Rispose la donna: «Non ho marito». Le disse Gesù: «Hai detto bene "non ho marito"; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replicò la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo».
 

In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse ad discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: «Che desideri?», o: «Perché parli con lei?». La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbi, mangia». Ma egli rispose: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete. Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete. Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e dicevano alla donna: «Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
 


lunedì 9 marzo 2020

Recensione del cd Riflessi di me di Francesca Michielin

Negli ultimi anni, in campo musicale, una delle opportunità offerte ai giovani per arrivare al successo è quella di partecipare ai talent, trasmissioni nelle quali professionisti si occupano di seguire coloro i quali vogliono intraprendere un percorso artistico, spinti dalla passione e desiderosi di trasformarla in un lavoro.

Uno di questi talent, che ha riscosso molto successo in ogni edizione, è X Factor. Ricordo che seguii alcune puntate della prima edizione e che mi colpì molto il titolo del programma, che ha come obiettivo quello di scegliere e premiare chi ha veramente talento. Mi dispiace non aver seguito l'edizione numero 5 del 2011, la cui vincitrice è stata Francesca Michielin, che ha un innegabile e sconfinato talento artistico ed una personalità fuori dal comune per intelligenza e sensibilità.

Su youtube c'è il video del provino fatto per la selezione dei concorrenti per X Factor di Francesca Michielin, una sedicenne molto timida che cantando con una grandissima grinta e moltissima bravura vocale ed interpretativa “Whole lotta love” dei Led Zeppelin conquistò i giudici, che la ammisero a partecipare al programma e che, grazie alla sua incommensurabile bravura, al suo sconfinato talento e alla capacità di superare timidezza ed insicurezze grazie alla musica è stata la vincitrice.

Ha vinto un contratto discografico con la Sony Music, che l'ha portata a realizzare il suo primo cd, “Riflessi di me” prodotto da Andrea Rigonat e con la supervisione artistica di Elisa, uscito il 2 ottobre 2012, otto mesi dopo l'Ep d'esordio “Distratto” ed anticipato dal singolo “Sola”.

Il cd si apre con “Sola”, una canzone che chiunque è o si sente sola/o e che nella vita ha sofferto si può identificare e nella quale può trovare conforto e speranza: “e quel vestito da stringere un po', buone intenzioni che non bastano”: quando non ci si piace, quando ci si sente, per indole o situazione esistenziale, perennemente a disagio in tutti i contesti e con tutte le persone si tende a voler “scomparire” si parla poco, ci si veste con vestiti larghi che aiutino a nascondere la propria figura, ci si rende invisibili. Si comprende che per stare bene al mondo e per esistere si deve cambiare, ma alle intenzioni devono seguire i fatti: una cosa difficilissima.
“Sei sola, sola, sola ti senti sola, sola, sola e ti si legge negli occhi perché sempre più rare le tue lacrime...e l'allegria che poi ritroverai nei gesti e nei dettagli piccoli e importanti”: una persona che nella vita ha pianto troppo, come se le lacrime si consumassero, poi smette e rimane quel velo di tristezza negli occhi che è percepibile e che fa vedere tutto con un po' di tristezza anche se si cercano con tutte le proprie forze le cose piccole e grandi che possano dare quella felicità mai conosciuta ma tanto agognata.
“E continui a domandarti quale senso possa avere il tuo dolore, risposte troverai prima o poi in fondo all'amore che ti renderà più forte, che sarà una buona amica anche la solitudine, sola, sola, sola tu non sei sola”: a volte il dolore ci è propinato da contesti della vita, dalle persone vicine, da noi stessi per l'ipersensibilità e l'essere perfezionisti e severi con noi stessi in tutto e ci si chiede se tutta questa sofferenza possa avere un senso; credo che aiuti ad accorgersi delle cose migliori in quelle piccole e grandi, a trovare un senso a tutto, a trasformare ogni situazione, anche la più negativa, in qualcosa di positivo che rimanga e le risposte alla grande sofferenza si possono trovare soprattutto nell'amore universale, quello per le piccole cose, in quello che si sceglie. Chi conosce tantissima solitudine impara a farsi compagnia da sola/o e cerca in sé la felicità: il filosofo Schopenhauer diceva che una delle cose più importanti per essere felici è quella di saper stare da soli con se stessi e di trovare tutto in sé; la poetessa Emily Dickinson considerava il rapporto con se stessa e la fantasia le cose più importanti per la felicità.
“Sola” è una canzone bellissima, molto significativa e particolare per chi conosce la solitudine, anche quella del sentirsi (ed essere veramente) sola/o anche e soprattutto con le persone.

“Arcobaleni” racconta di due persone (“angeli a metà caduti dalle nuvole con le ali chiuse dentro ai lividi per volare liberi”) che si aiutano a vicenda; “ti porterò degli arcobaleni per sorridere e piano asciugherò tutti i tuoi pensieri dalle lacrime perché arrivi fino in fondo all'anima perché mi salvi da ogni male”: versi meravigliosi che incoraggiano a sorridere anche quando la vita fa solo piangere, a dimenticare quei pensieri a volte troppo pesanti per la giovane età o per gravità, a trovare il modo per diventare immuni ad ogni male quando si è ipersensibili e riuscire a salvarsi da soli o con l'aiuto di qualcuno.
“Come due farfalle io e te controvento, neve e grandine scegli la via, segui la scia adesso fidati...”: contro tutte le avversità, scegliere una via da seguire, quella che cambi la vita in meglio e fidarsi di qualcosa o di qualcuno per rendere la propria esistenza migliore.
“Perché trasformi ogni mio dolore...felicità...felicità”: ci sono cose, come le scelte di vita che si riescono a fare liberamente, le cose anche piccole che si amano, la costruzione di se stessi, l'amore per le cose belle e pure della vita che trasformano il proprio dolore trovato e vissuto nella vita per situazioni, persone, peculiarità caratteriali in felicità. Tutti siamo alla ricerca della felicità, il dolore non manca in noi stessi, nella vita, nel mondo, a volte a causa delle persone sbagliate e sicuramente costruire la gioia, l'allegria è anche e soprattutto una scelta da fare a dispetto di tutto quello che fa soffrire o di chi, a differenza dei protagonisti di questa bellissima canzone, non aiuta mai la persona vicina a sé ad essere felice, in modo particolare quando soffre e si vede.

In “Quello che vorrei” sono molti i versi che mi hanno colpito. “Quello che vorrei è volerti bene e non starci male”: a volte accade di voler bene ad una persona, di soffrire se sta male, di arrabbiarsi per lei se qualcuno le fa del male come se lo facesse a sé, di tifare per lei/lui in tutto, di volere che abbia una vita bella ma quella persona fa l'opposto nei tuoi confronti: dolore e rabbia sono i sentimenti che si provano quando ci si accorge di questo e si sta male per il fatto che non vuole bene negli atteggiamenti verso di te, che dovrebbero essere come quelli sopraelencati perché quello è l'unico e vero bene.
“E se è vero che noi abbiamo un solo cielo non capisco come mai se alzo gli occhi ora vedo che il tuo è blu e il mio è nero”: spesso ci si accorge palesemente che tutto va male qualsiasi cosa si faccia perché tutto è sempre difficile ed avverso mentre per gli altri accade il contrario anche se magari non fanno nulla di meglio di noi; è una cosa che fa soffrire molto ed anche se si è felici per gli altri che stanno meglio di noi, si desidererebbe avere una vita migliore senza nulla togliere agli altri.
“Quello che vorrei è azzerare tutto e ricominciare”: a volte nella vita accade che ci accorgiamo di non essere preparati a qualcosa, ad una vita diversa, a quello che potrebbe aiutarci ad avere una vita migliore perché nell'indole o nel modo in cui abbiamo vissuto se sono troppo chiusi non troviamo nessun aiuto per andare avanti e così vorremmo ricominciare tutto da capo anche se penso che le cose migliori di noi (ad esempio la sensibilità, la predisposizione alla riflessione, le cose più belle e vere della personalità, le cose che abbiamo sempre amato, le cose che ci hanno aiutato ad andare avanti) non debbano mai cambiare, qualunque cosa accada di positivo o negativo.

“Mai più” è un brano ricchissimo di significati profondi nei quali si può riconoscere chi ha vissuto messa/o da parte, ai margini della vita e che sa cosa significhi essere senza speranze: “Facile, facile dire che va tutto male e comodo, comodo è restare lì a guardare e svegliati, svegliati qui non si regala niente da un po'. Pesca lì in fondo a te quello che sai fare meglio provaci, mettici quello che ti tieni dentro lanciati, lanciati come un falco sopra questa città”: quando accade che tutto va male, la cosa più giusta da fare è quella di agire, di fare l'impossibile per sovvertire una situazione negativa, non arrendersi, di lottare con tutte le proprie forze perché altrimenti nulla può cambiare in meglio. E poi nella vita cercare e trovare quello per cui abbiamo un'attitudine naturale, quello che sappiamo fare meglio di qualunque altra cosa, che in qualche modo è la cosa che ci aiuta di più e ci rende felici nella vita e non tenerlo solo per noi, ma metterlo al servizio degli altri: scrivere, aiutare le persone, fare bene un lavoro, fare musica...
“Mai più, mai più, mai più messa da parte mai più, mai più, mai più senza speranze”: questi versi sono cantati da Francesca Michielin in un modo che emoziona e che fa sentire palesemente che sono autobiografici: quando ha vinto X factor ha affermato che quel successo immediato le ha fatto paura perché per indole e vita vissuta non era pronta: sicuramente quell'indole e quella vita erano di una persona che tante volte si è sentita messa da parte e senza speranze.
A volte sono la vita e le persone a mettere da parte, sembra non ci sia un posto nel mondo in nessun luogo per ipersensibilità, contesti e persone avverse e come conseguenza ci si chiude sempre più e si è veramente senza nessuna speranza.
Crescendo si promette a se stessi di cambiare in meglio in alcune cose della propria indole che inibiscono in tutto e non permettono di vivere veramente e del proprio modo di vivere, ma la riuscita dipende anche molto dalle persone vicine e dal contesto in cui si vive, che a volte possono portare ad affermare, a ragione, di essere per sempre messa/o da parte e senza speranze.
“Uomini perfidi sbarreranno le tue strade uomini candidi cureranno le ferite”: credo che le persone più cattive del mondo siano quelle che tolgono la giusta libertà alla quale ciascuno ha diritto per realizzare se stesso/a, che non fanno in modo che tu sappia stare nel mondo, spronando soprattutto quando si scorgono eccessiva sensibilità, timidezza, insicurezza e che si giustificano dicendo che fanno tutto questo per il tuo bene e perché ti vogliono bene: niente di più falso. Difficilmente si incontrano persone che, al contrario di altre, fanno stare bene, regalano felicità, libertà e con il vero bene curano la sofferenza cagionata da altre persone. “L'importante è quello che lasci di te, non mi sfiora neanche quello che pensi di me...Mai più finta di niente...mai più indifferente”: è importante lasciare sempre un ricordo positivo di sé e qualcosa che abbia valore e rimanga; fare in modo di non dare troppo peso a quello che gli altri pensano di noi (in modo particolare a chi vuole inibire, ostacolare o ferire), proseguire per la nostra strada, per quella che sentiamo più adatta a noi e scegliere tutte le cose della vita dando ascolto solamente a noi stessi, al nostro intuito, al nostro pensiero, al nostro cuore.
A volte si fa finta di niente anche se ci si accorge che qualcosa non va e si rimane inerti ed invece si deve cambiare atteggiamento ed agire, anche se costa fatica e non essere mai indifferenti ma interessati alle cose alle quali teniamo e a tutte le cose, piccole e grandi, della vita.
 


“Se cadrai” parla del tempo nel quale una persona cara (ma anche se stessi) prende la propria strada nella vita, cosa che crea un distacco inevitabile e fisiologico.
“E chi ti amerà, chi ti ascolterà, chi ti capirà quando tu cadrai/sbaglierai”: essere amati, essere ascoltati, essere capiti sempre ed in modo particolare quando si cade o si sbaglia non è facile; a volte non ci si sente amati da nessuno o solo da una persona per tutta la vita, non si è ascoltati da alcuno perché non si può neanche parlare, non si è capiti da nessuno perché ciascuno, soprattutto le persone libere ed egoiste vivono la loro vita, fregandosene di chi non ha la fortuna di avere la giusta libertà, il giusto appoggio per vivere e di certe situazioni e stati d'animo che solo chi li ha vissuti può comprendere.
“Io ti proteggerò anche se non ho ali”: il più grande protettore, per ciascuno, è il proprio angelo custode ma a proteggere nel modo giusto (lasciando scegliere e vivere) può anche essere una persona, che è quella che ci ama veramente e che tiene alla nostra felicità come e a volte più della sua.
I versi con i quali si chiude la canzone sono di una sensibilità veramente unica: “Vieni a cercarmi se ti senti persa nel silenzio io ci sarò, ti guiderò, ti aiuterò” e che fanno arrivare un conforto ed un affetto che difficilmente le persone vicine danno.
Sentirsi perduti significa non avere nessuna speranza in ogni campo della vita, il non trovare un posto nel mondo per sé, avvertire molte cose in sé, nella propria vita e nel mondo che fanno soffrire, essere ipersensibili ed avvertire tutte le cose più piccole (belle ma anche brutte), non avere la giusta libertà per costruire se stessi e la propria vita, vivere situazioni che non possiamo cambiare e dalle quali non possiamo fuggire, conoscere persone che non cambieranno mai in meglio nei tuoi confronti e sarebbe bello se una persona vicina che può fare tutto dicesse: “vieni a cercarmi se ti senti persa/o nel silenzio io ci sarò, ti guiderò, ti aiuterò” soprattutto nell'adolescenza, periodo nel quale si comincia a scegliere chi vogliamo essere e quali cose vogliamo facciano parte della nostra vita per sempre e si deve darsi da fare per realizzarle, libertà e situazione esistenziale serena permettendo.

Questi i versi di “Tutto quello che ho” che più mi hanno colpito: “Tu non sarai qualcuno che dimenticherò. Non mi sono mai sentita più inutile/debole, non mi sono mai sentita più fragile e lontana da te e adesso sono qui per darti tutto quello che ho...Non mi interessa la ragione ma l'amore che avrò (che avrò solo da te)...Quella lacrima mi ricorderà che più di questo non c'è”. Ci sono persone che, per il male che fanno, non si dimenticano mai e sono quelle che per quanto umiliano con gesti e parole fanno sentire uno straccio e a volte si elemosina un po' d'affetto in chi lo ha solo per sé, cercando di dare tutto il possibile ma spesso anche facendo questo non si ottiene nulla di buono. A chi vuole bene e ama veramente non importa aver ragione ma l'affetto e l'amore che può ricevere dalla persona alla quale tiene, atteggiamento oggi molto raro perché per chiunque spesso conta più aver ragione per sentirsi migliori.

“Distratto” è una canzone scritta da Elisa che, accorgendosi del grandissimo talento della giovanissima Francesca Michielin, si è interessata a lei. “Un'ora, un giorno o poco più per quanto ancora ci sarai tu a volermi male di un male che fa solo male”: a volte lo stare male dipende solo da una persona e dal tempo che rimane accanto, se questo dura molto e in base alla gravità dei suoi comportamenti, le ripercussioni sull'indole e sulla propria vita, anche se poi si riuscisse a liberarsene, rimangono per sempre.
“E non vedi che sto piangendo, chi se ne accorge non sei tu tu sei troppo distratto”: una persona cattiva, egoista e che è il motivo della propria tristezza non si rende conto, anche se a volte finge di non accorgersene, se la persona che ha accanto sta male, è triste, si dispera perché è troppo egoista, troppo interessata unicamente alla propria felicità.
“Se non fa rumore l'anima e quando sei qui davanti non si illumina è perché non ne sento più il calore non ne vedo il colore”: l'anima è la parte più importante di noi, quella che non muore mai, che deve avere il sopravvento su tutto per vivere ed amare veramente altrimenti tutto perde valore, non esiste amore da dare ed anche il vivere diventa vano.
“Non mi rivedrai più e non mi ferirai e non mi illuderai e poi sarà mai più”: la frase più bella, alla quale avere la possibilità di far seguire i fatti (cosa non semplice ed a volte impossibile) da dire a chi ferisce profondamente ed illude.
“Non avresti voluto vedermi scivolare via fuori dalle tue mani, che fantasia, ma mi hai preso soltanto in giro”: ci sono persone che pensano che l'affetto e l'amore siano impossessarsi di una persona e di tutta la sua vita precludendo tutte le strade e, in modo particolare, quella/e che rendono felice chi hanno accanto e non sanno che questo lo si fa con chi si odia e che è prendere in giro quella persona, prenderla per stupida come se non capisse quale siano l'affetto e l'amore, sentimenti unici e veri che non possono essere diversi dal fare stare bene.
“E ora vedi che sto ridendo, chi mi guarda non sei tu, tu eri sempre distratto”: solo non vedendo più chi fa stare male si può cominciare a ridere e a vivere davvero.
“Per un'ora, un giorno o forse un po' di più non girava il mondo se non c'eri tu e non volermi male adesso se non ti riconosco”: da una parte sola spesso una persona è molto importante e con il passare del tempo l'affetto o l'amore e il comportamento nei suoi confronti è sempre lo stesso: rispettoso, corretto, positivo mentre dall'altra parte tutto diventa irrispettoso, scorretto e negativo fino a sentirsi padrone/a in tutto dell'altra/o.

“Forse ti chiederai cosa potrebbe mai trattenermi dal cogliere questa felicità che non è polvere” sono versi contenuti nella canzone dal titolo “Il più bell'abbraccio”: a volte è difficile essere felici o perché la nostra vita e le situazioni che viviamo non lo consentono oppure perché siamo troppo esigenti con noi stessi e la nostra vita ma credo che la seconda motivazione prima o poi conduca sempre alla felicità perché l'impegno porta sempre successi (piccoli e grandi) e con sé anche la fonte della felicità per tutta la vita, guardando ad essi.

“Riflessi di me” è la traccia che dà il titolo al Cd ed è una canzone molto significativa nella quale si può identificare chi fisicamente non si piace o si accorge che difficilmente si è visti per come si è dentro: chi guarda fa prevalere l'esteriorità e non sa che quello che si ha dentro (nel cuore, nella mente, nell'anima, nel modo di vivere) è la cosa più importante. L'anima non si vede, ma è quella che rimarrà per sempre: quello che si vede non è più importante di quello che conta davvero.
“Specchio che sai ricordarmi quello che sembro ma non sai guardare dentro di me.... Se chiudessi gli occhi amerei ogni parte di me una volta per tutte potessi far la pace con me e con questo specchio che non fa che chiedermi di essere qualcuno che non c'è”: chi guarda si ferma all'apparenza e non si interessa del carattere, dei sentimenti, dei valori, dei sogni, delle scelte, dei pensieri, delle idee. Solo non guardandosi con gli occhi della testa ma con quelli del cuore una persona che non si piace può piacersi ed amare qualsiasi cosa di sé perché sono quelli che non fanno vedere le cose che non piacciono ma quelle che contano e che si trovano dentro, non fuori.
Chi non si ama esteriormente e in alcune cose anche interiormente vive in continua lotta con se stessa/o per migliorare, per cambiare, per volersi bene e far pace con se stessa/o e con gli altri.
Il mondo è quello specchio della canzone che vede solo l'esteriorità, che dà importanza solo all'apparenza: una triste verità che non deve mai farci cambiare dentro, nelle cose più belle e vere e che non deve mai convincerci che l'aspetto sia più importante del nostro modo di essere.
Una canzone dolcissima, sensibilissima e molto significativa.

“Honey sun” è la prima canzone che Francesca Michielin ha scritto (a soli 11-12 anni) e parla di una festa nella quale tutti ballavano mentre lei se ne stava ai bordi perché nessuno la invitava a ballare: “I wanna go away, escape to a wide open space...I think nobody knows what true love is but it grabs your heart and it can save you. I'm so fed up there is no one here to give me some hope for a chance. Honey sun, I feel something pure in the air...Is that you. Silly you wasting your time, looking for real love in this blue...Why don't you love me, I'm sure you don't Know me...I remember the pain down deep in my lungs wanna forget it.”
“Io voglio andare via, scappare verso un ampio spazio aperto...Io penso che nessuno sappia cos'è il vero amore ma prende il tuo cuore e può salvarti. Sono così stufa, non c'è nessuno qui per darmi della speranza per una chance. Sole di miele, sento qualcosa di puro nell'aria, sei tu? Sciocco stai sprecando il tuo tempo cercando per l'amore vero in questo blu...Perché non mi ami, sono sicura che tu non mi conosci...Ricordo il dolore nel profondo dei miei polmoni, voglio dimenticarlo”.
Una canzone sensibilissima, molto profonda e significativa che descrive benissimo il sentimento di chi si sente rifiutato/a dagli altri ed è ipersensibile. Guardando il mondo, i rapporti umani e le cose importanti della vita si evince che pochi sono coloro i quali sanno cos'è il vero amore: quello che non ferisce neanche con le parole o l'indifferenza, che guarda le caratteristiche umane e non quelle fisiche, quello che tiene a conoscere una persona veramente prima di esprimere giudizi, quello che sta attento a non deludere o far soffrire qualcuno, quello che sa misurare il grado di sensibilità di chi ha davanti, quello che non gioisce nel vedere qualcuno triste o stare male: questo è l'amore in senso universale, nei confronti di qualsiasi persona.
Ci sono cose che per gli altri sembrano inezie (una parola offensiva, gesti di indifferenza, atti compiuti per isolare una persona) ma per chi le riceve ed è molto sensibile sono cose, o meglio dolori, che fanno stare malissimo, non si dimenticano per tutta la vita e fanno chiudere sempre più.

“Non mi dire”è una canzone che parla di tutte le cose che del mondo sono sbagliate: “parlare solo per sentito dire, puntare il dito anche un po' per fare, tirare un sasso e togliere la mano...tutti lì pronti a giudicare...guardar male...far no con la testa da dietro un giornale” sono versi che non hanno bisogno di nessun commento, cose verissime che rendono “il mondo quel che è”.
“Non dirmi cosa devo fare, non mi dire tu non mi dire cosa dire”: nella vita si deve cercare sempre di pensare, agire e parlare a modo proprio per vivere veramente ed in prima persona la vita, evitando tutti coloro che vorrebbero controllare tutto questo.
“Un nuovo nome” è una canzone che parla di due persone che si lasciano e di lei che, in una notte che sembra senza fine, strappa le lettere che lui non ha mai letto, pensa a molte cose, fa fatica a lasciarlo andare via e fa una considerazione molto profonda e che denota infinita sensibilità.
“Inventerò un nuovo nome da confondere con te che hai paura di amare ma tu non sai che è più grande il cuore più di ogni mente”: c'è chi ha paura di amare perché ama solo se stesso, c'è chi ha paura di amare perché non vuole soffrire, c'è chi ha paura di amare perché considera altre cose più importanti, ma come dice la canzone il cuore è più grande ed importante di ogni mente perché dal cuore vengono solo le cose belle, non c'è male nel cuore, ma solo amore.
“Che cosa vuoi trovare via da me? C'è tutto e niente ma nessuno che ti rimpianga come me”: questa domanda e la relativa risposta per come le canta Francesca Michielin e per il significato che contengono sono molto commoventi; a volte c'è chi pensa che si possa trovare una persona migliore con la quale condividere la vita: può accadere oppure no ma è difficile trovare una persona che possa amare e rimpiangere, nel caso la perdesse, come una ipersensibile e che ama davvero.

Il cd si chiude con “Indelebile”che racconta di due persone che si sono lasciate: lui vive la propria vita come se nulla avesse perso mentre lei lo ricorda ed è un dolore indelebile. Due modi opposti di vivere due vite che si separano.
Francesca Michielin canta ed interpreta ogni traccia di questo cd nel miglior modo possibile, come se non fosse un'esordiente, ma con una lunghissima carriera alle spalle e donando emozioni a chi la ascolta. I testi sono molto significativi e pieni di sensibilità. Bellissime le musiche e le melodie di tutte le canzoni. Prova superata a pieni voti per quanto riguarda la canzone interamente scritta dalla giovanissima artista (“Honey sun”) che fa evincere il suo infinito talento musicale e la sua sconfinata sensibilità.

Quando presentava il cd “Riflessi di me” Francesca Michielin diceva che voleva fosse un lavoro sincero, che rispettasse la sua giovanissima età, che fosse credibile: penso che ogni canzone contenga tutto questo e proprio per questo non ci si stanca mai di ascoltarlo.
Dal punto di vista artistico basta ascoltare come canta, quello che canta, come scrive, sapere tutti gli strumenti musicali che sa suonare per accorgersi del suo incommensurabile talento, ma dal punto di vista umano forse ci sono cose che non tutti conoscono: ha superato le paure dovute ad una vita alla quale non si sentiva preparata, nonostante abbia vinto a soli 16 anni un famoso programma musicale e guadagnatosi un importante contratto discografico, per il suo grandissimo amore per la cultura ha continuato a studiare, ha cambiato 4 licei, lavorava e studiava (anche di notte) per riuscire a prendere la maturità classica con un voto altissimo (88/100), ha continuato a fare volontariato e a dedicarsi a cause di solidarietà ed ha affrontato quel suo limite di avere difficoltà a farsi ascoltare dagli altri (in un'intervista ha raccontato che quando si esercitava al pianoforte, anche il solo sentire i passi di qualcuno la facevano bloccare e non continuava se non era sicura che fosse andato via oppure di quella volta quando durante un saggio, sapendo che suo nonno era lì ad ascoltarla, sbagliò tutte le note per l'emozione ed ancora oggi afferma che nei concerti avverte un grande disagio ma cerca di superarlo).

Il primo cd di un'artista esordiente che, seguito dai duetti con Chiara Civello “Al posto del mondo (con una bellissima esecuzione con due pianoforti) nel Sanremo 2012, con Fedez in “Magnifico” e “Cigno nero” e “Le nostre ali” con Don Joe ha visto nascere il secondo, bellissimo e sempre significativo in ogni traccia, Cd Di20 nel quale Francesca Michielin ha confermato il suo grandissimo talento artistico-musicale-autorale ed anche umano, sapendo aspettare tre anni dall'uscita di “Riflessi di me” per fare una crescita sia artistica che umana che le consentisse di essere pronta per presentarsi ad un vasto pubblico come quello di Sanremo e per costruire una carriera internazionale.
A inizio 2017 ha cominciato i lavori per il suo terzo cd che sicuramente sarà un grandissimo successo e le donerà il successo anche a livello internazionale come e più di quello già ottenuto e che merita moltissimo.

In una vita che spesso fa soffrire, con un carattere ipersensibile e chiuso ed una vita altrettanto chiusa è importantissimo trovare qualcosa che aiuti molto ad andare avanti, a cambiare, a rendere la propria vita migliore, a comunicare e a volte tutte queste cose le si trovano nelle varie espressioni artistiche: scrivere, cantare, suonare, dipingere, recitare...perché l'arte è un linguaggio universale, è qualcosa che rimane per sempre, che aiuta in qualche modo a superare i propri limiti, la solitudine, il vuoto che si avverte nella propria vita.
È bello conquistare il mondo con la propria arte, riuscire a fare quello che mai si riuscirebbe a fare senza il suo aiuto e rimanere per sempre grazie ad essa.

domenica 8 marzo 2020

Dal vangelo secondo Matteo (17,1-9)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
 

All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete». Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».

lunedì 2 marzo 2020

8 marzo: la festa della donna

Ogni festa, sacra e non, ha i suoi significati che molto spesso stridono con la realtà vissuta nel mondo ma che rimangono per essere come un modo per riflettere e cambiare le cose in positivo anche se non è facile ed un cambiamento immediato o futuro non è assicurato. Una di queste feste è celebrata l'8 marzo: la festa della donna.

In quanto all'origine di questa festa conosciuta anche come la giornata internazionale della donna ci sono varie motivazioni: l'iniziativa fu presa per la prima volta negli Stati Uniti nel febbraio 1909 dal Partito socialista americano. Non si sa perché sia stata scelta quella data anche se fino al 1921 erano diversi i giorni scelti per questa festa in base ai singoli Paesi.

Nel 1921 a Mosca venne confermata come unica data l'8 marzo in commemorazione della manifestazione contro lo zarismo delle donne di San Pietroburgo del 1917.
Nonostante siano queste le origini di questa festa, in altri Paesi si fa riferimento ad un episodio di alcune operaie americane che furono chiuse nella fabbrica nella quale lavoravano dal padrone per vietare loro di partecipare ad uno sciopero e che persero la vita a causa di un incendio l'8 marzo 1857; a scuola ricordo che nell'ora di storia ci venne insegnata una differente versione dei fatti molto simile alla prima: un rogo avvenuto nel 1911 a New York nel quale persero la vita 134 donne in una fabbrica di camicie (che ancora non esistevano) l'8 marzo, ma in realtà i fatti avvennero in febbraio.

È tradizione regalare in quel giorno un fiore particolare: la mimosa la cui scelta risale al 1946 perché è un fiore di stagione e costa poco e proprio per questi motivi fu scelto dalle organizzatrici delle celebrazioni romane.
A prescindere dalle origini, dalla tradizione di regalare la mimosa, quello che resta è il significato di questa festa: dare valore e rispetto alla donna, un valore ed un rispetto che molto spesso non vengono riconosciuti in nessun luogo infatti quotidianamente i media riferiscono di varie violenze e sono molte quelle nascoste e silenziose che avvengono in ogni parte del mondo: violenza fisica, psicologica, economica, sociale che riducono la donna come se fosse un oggetto, priva di ogni forma di rispetto e di un posto nel mondo, cose che offendono molto la sensibilità che è maggiore rispetto agli uomini e che quindi le fa soffrire molto.

Chissà, forse un giorno le cose cambieranno in meglio si spera anche grazie a questa giornata che ricorre ogni anno e che dovrebbe innanzitutto far riflettere, con la speranza che questa meditazione dia come frutto una vita migliore per tutte le donne del mondo che tanto hanno lottato, lottano e lotteranno ogni giorno per ottenere quello che spetta loro di diritto: la dignità, il rispetto ed il posto che scelgono nel mondo in quanto esseri umani, cosa molto spesso dimenticata.
 


domenica 1 marzo 2020

Dal vangelo secondo Matteo (4,1-11)

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: "Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio"».
Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: "Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede"». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: "Non tentare il Signore Dio tuo"».
Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto"».
Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.