Quando si ha qualcosa in
cui si crede e da difendere in qualsiasi contesto è giusto
protestare contro chi non la rispetta o le fa torto in qualsiasi modo
perché il rispetto dei sentimenti, delle scelte, dei valori altrui
deve sempre essere rispettato come deve essere rispettato il meglio
di ciò che sanno fare le persone.
Ci sono molti tipi di
protesta: pacifica, violenta, verbale, fisica e ce n'è una per la
quale, chi sceglie di metterla in pratica, dà tutto perché dà la
propria vita, incurante che facendo questo perde tutto e non ha più
la possibilità di vedere come sarebbero potute andare le cose in
seguito.
Una protesta di questo
tipo è stata attuata al Festival di Sanremo del 1967 dal cantautore
e attore piemontese Luigi Tenco. Presentò la canzone “Ciao amore
ciao” che, arrivando dodicesima su sedici canzoni. fu
momentaneamente eliminata ma vi era la possibilità di un ripescaggio
affidato ad una commissione ma a questa canzone fu preferita “La
rivoluzione” cantata da Gianni Pettenati e Gene Pitney.
Appresa la notizia, Luigi Tenco si ritirò all'Hotel Savoy e venne trovato morto nella sua camera, la numero 219. Aveva un foro di proiettile alla testa. Venne rinvenuto un bigliettino che, dopo varie perizie calligrafiche, fu attribuito a Tenco ed è questo: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt'altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io, tu e le rose” in finale e ad una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”.
Questo bigliettino ha fatto subito pensare al suicidio anche se altre sono state le ipotesi formulate ma nel 2005 il corpo fu riesumato e dopo nuovi esami è stata confermata la morte per suicidio. Aveva quasi 29 anni quando morì.
Penso che fece quel gesto
perché sicuramente avrebbe voluto vincere il Festival, cosa
certamente bellissima, ma se avesse considerato il fatto che non
sempre la vittoria a Sanremo è garanzia di successo della canzone e
che magari dopo il Festival sarebbe potuta essere la canzone più
suonata dalle radio, più venduta e più amata (perché è veramente
molto bella) non avrebbe compiuto quell'infausto gesto. Chissà
quante cose belle ha perso, chissà quante canzoni avrebbe scritto e
cantato, chissà quanto successo avrebbe avuto.
Di solito quello per cui si nutre passione aiuta a vivere, a superare le avversità, a lottare, a rendere migliore la propria vita e quando la si considera una cosa di vitale importanza si vorrebbe vivere all'infinito per non smettere mai di coltivarla perché dà la felicità che dura per sempre. A volte anche solo per una cosa che si ama fare si rinuncerebbe a tutto il resto ed è questa la cosa più bella perché si è consci del valore che ha per la propria vita, che è la cosa più preziosa che ciascuno ha.
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